Scritti di Eugenio Corti – Cassino 1944

Gli ultimi soldati del reBrano tratto da Gli ultimi soldati del re – selezionato nel 2008 da Eugenio Corti per i lettori di questo sito.

In quell’occasione attraversammo Cassino: fu in treno. Prima d’allora io avevo visto molte distruzioni sia in Italia che fuori, ma nessuna paragonabile a questa.

Qui non soltanto tutti gli edifici erano ridotti in macerie ma ogni essere vivente, anche vegetale, era stato ucciso. Un’acqua pesante stagnava sulla pianura chiusa tra le montagne in cui un tempo sorgeva la città, e allagava immobile la grande distesa delle rovine; fin dove l’occhio giungeva non si scorgeva un solo albero o arbusto vivo. Sul pendio fittamente arato dalle esplosioni che s’inerpicava verso le rovine quadrate del monastero, non un’erba; del bosco che probabilmente un tempo lo copriva , erano rimasti in piedi soltanto pochi tronchi smozzicati e nerastri, simili a tizzoni spenti. Anche i carri armati con cui i polacchi, pazzi d’amore per la loro terra, avevano tentato di superare per lei i limiti della morte, giacevano abbandonati qua e là nella tetra palude o sopra i cumuli di macerie, mastodonti d’acciaio morti.

Unica cosa vivace, occhieggiavano rari, a pelo dell’acqua, gli ambigui fiori che crescono sopra le terre sommerse.

Stavamo tutti, per quanto possibile, affacciati agli sportelli dei carri, in silenzio.

<<Questa non somiglia alle altre città distrutte>>  disse a un tratto una voce sul carro che ci precedeva: <<piuttosto alle rovine di Pompei>>.

Il treno procedeva lento sul suo terrapieno tra le acque.

Era tale e così pieno, il silenzio, che sembrava d’essere entrati in stazione non di giorno, ma di notte alta. Anzi non in una stazione sembrava di essere entrati col treno, ma in uno sterminato cimitero.

Inaspettatamente dalle topaie allagate della stazione, uscì e venne verso il treno, una breve processione di ragazze; le più avevano minuscole rose bianche nei capelli color  viola. Si trattava di donne vere, non di fantasmi; portavano canestri di frutta che, giunte al treno, ci offersero, alzando i canestri verso di noi. Cercavano di vendere e badavano attente alle chiamate dai carri, mentre noi tacevamo a causa, adesso, della loro presenza. <<Non v’intimorite>> esse presero a dire: <<comprate. Comprate americani>> dicevano sorridendo ai soldati americani che, senza un frizzo, le guardavano dai loro vagoni: <<non capite che anche noi dobbiamo vivere?>> (Le donne del sud! La loro disinvoltura a volte ostentata, ma non congeniale, che chissà quale sforzo nascondeva…)

Guardavano attente, se qualcuno le chiamasse per comprare, finché, con un lungo stridio, il treno ripartì, lasciandole indietro.