Corti presenta la bellezza dell’amore

Francesco Righetti

Francesco Righetti

Monza – Pare di vederlo il giovane reduce Michele Tintori aggirarsi per l’università alla ricerca di Alma Riva, la ragazza di cui è innamorato. Fa tenerezza vederlo mentre la cerca nell’aula dove lei ha seguito la lezione, chiedere di lei agli altri studenti e, non trovandola, cominciare a temere che stia frequentando un altro e venire colto da un sentimento di gelosia quasi adolescenziale. Fa tenerezza vederlo entrare negli spogliatoi femminili, inaccessibili agli studenti maschi, per cercarla. Ma che significa questo divieto per chi, come lui, ha visto la morte in faccia nelle gelide pianure russe? E ancora, fa tenerezza la sua reazione quando, finalmente incontrata Alma, si rende conto che lei per prima lo stava cercando.

Il primo aspetto che si coglie è quello spirituale: Michele ha iniziato a pensare ad Alma già da prigioniero in un lager russo, cioè da un luogo infernale, inimmaginabile per chi non ha vissuto direttamente quegli orrori. È stata Alma, insieme alla fede, ad aiutarlo ad uscire da quell’inferno. Il secondo aspetto è la dolcezza con cui questi due giovani si cercano e si dichiarano il loro amore. Il loro dialogo, inizialmente timido, è caratterizzato da una profonda delicatezza: l’iniziale rossore sul viso di Alma, il braccio di Michele sulla sua spalla (che il giovane reduce ha la delicatezza di togliere quando la coppia incrocia altri studenti), il comportamento di Michele, attratto dallo sguardo e dal fisico della ragazza alla quale rivolge dei complimenti audaci (“capolavoro di Dio”).

Per parte sua, Alma, così timida e riservata da non far emergere nulla di quello che porta dentro (“gattino di marmo” la chiamano i suoi fratelli), è comunque una donna concreta, con i piedi per terra, “figlia di Gerardo”, scriverà Corti nel proseguo del brano, cioè educata al pragmatismo tipico di chi ha la responsabilità di un’attività imprenditoriale. E il terzo aspetto è proprio la concretezza: la vita non farà sconti a questi due giovani, così come non li ha fatti fino ad ora, vista la tragica esperienza vissuta da Michele in guerra. Eppure l’amore umano, che rimanda ad un più profondo amore divino di cui è il riflesso (nel dialogo è presente il riferimento al soprannaturale), invita alla speranza e dà la capacità di affrontare anche le situazioni più dure, certi della reciproca fedeltà. Viene spontaneo un paragone con il modo con cui oggi si vive il rapporto di coppia: i valori in cui credono Alma e Michele e sui quali fondano il loro rapporto hanno ancora senso?

Possiamo oggi identificarci con loro? Non abbiamo sognato di vivere anche noi una dichiarazione d’amore così, piena di fascino e di poesia? Penso che questa pagina sia attuale per almeno due ragioni. Primo perché i personaggi sono veri, in tutto e per tutto. Non sono disincarnati: si piacciono sul serio. In secondo luogo, l’esperienza che vivono coinvolge tutta la loro persona: non c’è solo attrazione fisica, e nemmeno solo interiorità. È un brano audace, che tocca il cuore perché rimanda al valore ultimo dell’esperienza dell’amore umano: l’amore di Dio per questi due giovani. Eugenio Corti non fa mistero di questo. E ne trae tutte le conseguenze: il matrimonio esige fedeltà, e l’intimità sessuale, “attraente forse più di ogni altra cosa” scriverà più avanti nel racconto, trova la sua corretta collocazione solo al suo interno.

L’autore sembra dirci che l’amore vero, e in generale ogni umana relazione autenticamente vissuta, non è mai banale e la felicità che l’uomo e la donna cercano è data dalla consapevolezza di non essere soli e di sapersi partecipi di un progetto più grande, il cui successo o insuccesso non dipende quindi dalle differenze di carattere, né dalle difficoltà della vita, né dagli inevitabili difetti personali o dall’instabilità del sentimento, che oggi c’è ma domani può fuggire via. Nel mondo di oggi, dove i rapporti sono spesso instabili e tormentati, c’è bisogno di coraggio e fedeltà. La storia d’amore di Alma e Michele, ambientata in mezzo alle rovine lasciate da un conflitto mondiale, racconta un primo concretissimo passo verso la ricostruzione, perché parla di ricostruzione delle relazioni umane. Per il lettore contemporaneo può essere un modello a cui rifarsi nella costruzione dei rapporti umani, spesso logorati dall’individualismo, dai ritmi frenetici attuali o, più frequentemente, dalla paura di affrontare il futuro, vero ostacolo alla felicità di molte relazioni affettive.

Francesco Righetti
presidente Associazione Culturale Internazionale “Eugenio Corti”
www.aciec.org

(Il Cittadino MB – 07/07/2010)