Comunismo a 16 carati in area occidentale
Eugenio Corti narra le vicende personalmente vissute durante la ritirata italiana del 1942-43 in Russia, per bocca del suo personaggio Michele Tintori, sottotenente di artiglieria, che aveva scelto di essere inviato sul fronte russo per verificare coi suoi occhi le meraviglie del “paradiso” sovietico.
I prigionieri italiani, sul punto di morire di fame, chiesero al comandante del lager perché mai non si raccogliessero le patate nei campi vicini, abbandonati dopo la semina, posto che sarebbero marcite inutilizzate. Rimasero sbigottiti dalla risposta del colonnello russo: “questa sarebbe un’iniziativa individuale che in Russia non è concepibile” (pag. 494 del “Cavallo rosso”). Il divieto di iniziativa, per ammissione diretta del colonnello, non è limitato all’ambiente militare, ma caratterizza tutto l’universo comunista.
Insomma, se si vuole cogliere l’essenza del comunismo, del defunto come del vivente, dell’orientale come dell’occidentale, non ci si può fermare alla falce e martello e alla bandiera rossa. Eugenio Corti ravvisa nella mancanza di iniziativa personale l’autentica essenza del comunismo; l’effetto necessario e inevitabile della sua dottrina politica; ciò che costituisce la ragion d’essere del “paradiso” annunciato. Che non sarebbe affatto paradiso, se fosse necessario affaticarsi personalmente. La tutela sociale fa le veci di Dio e assicura la felicità di tutti. L’impossibilità di raccogliere le patate rappresenta dunque il punto di colmo del comunismo; lo zenit della “socialità”; il compimento del suo miracolo.
Beninteso ciò che osserva Michele Tintori è il comunismo di oro zecchino. Si capisce che non è facile arrivare al picco sovietico; altre versioni storiche del programma non raggiungono i 24 carati. Abbiamo comunque un’unità di misura che ci consente di cogliere i segni incipienti e parziali del cammino che conduce all’abisso: l’ostacolo all’iniziativa personale. È questo il nostro carato. Il primo ostacolo risiede nella supervisione del tutore sull’interesse della persona. Sotto questo profilo, l’Ue ha ben poco da invidiare all’ex Unione Sovietica. Qui la “tutela sociale” non è assicurata dal commissario politico del soviet, bensì dallo zelante burocrate apartitico; tuttavia non muta la sostanza delle cose. Praticamente ogni attività umana è sottoposta a stringenti controlli.
La “socialità” si è insinuata perfino nelle minuzie degli stili di vita e dei rapporti interpersonali, travolgendo la privacy rispettata solo a parole. In nome della prevenzione di tutti i mali di questa terra, veri o presunti, sanitari ed ecologici in primo luogo, la persona ha perso il libero arbitrio. Dall’uomo compos sui si è passati al minorato sotto tutela. D’altronde il fine di salvare la terra dalla catastrofe universale giustifica il dirigismo del pianificatore centralizzato, che ha cambiato solo nome e colore: da sovietico e rosso a europeista e green. C’è una seconda via, più nascosta e subdola, che conduce alla paralisi dell’iniziativa: l’incertezza del diritto. Il comunismo rifiuta la regola valida erga omnes e la sostituisce con il comando ad personam.
Non può fare “regole uguali fra diseguali”, giacché persegue l’uguaglianza totale, la quale postula uno spartito diverso per ogni strumento che compone l’orchestra. Per raggiungere l’armonia, il singolo orchestrale deve rinunciare alla sua iniziativa personale e subordinarsi ai comandi del direttore. E chi dipende dai capricciosi comandi del direttore, non potendo fare alcun progetto di vita, rinuncia sua sponte a qualsiasi iniziativa personale. Ebbene, nel mondo occidentale, immune dal comunismo a 24 carati, c’è un’area geografica nella quale le due modalità della paralisi si manifestano in sommo grado: il Mezzogiorno d’Italia. La “tutela sociale” è maggiorata per via di “protocolli di legalità” aggiuntivi; l’incertezza del diritto regna sovrana, perché il cittadino può essere sottoposto in ogni momento a sanzioni afflittive, chiamate di prevenzione, non avendo commesso alcun reato. In questa parte d’Europa mancano solo gli otto carati, rappresentati dalla struttura istituzionale monopartitica, per giungere alla perfezione sovietica. Ma siamo sulla buona strada.
(Michele Gelardi, 15/07/24, L’identità)