Il Medioevo di Eugenio Corti
Eugenio Corti torna in libreria con un nuovo volume, il nono della sua carriera. Al suo esordio il diario della ritirata di Russia, I più non ritornano, aveva riscosso il lusinghiero apprezzamento di Mario Apollonio. Aveva visto bene il noto critico: dopo oltre sessant’anni l’opera continua a essere ristampata e tradotta. Lo scrittore si è però affermato soprattutto grazie alla diffusione del romanzo II cavallo rosso, giunto alla 23° edizione e tradotto in nove lingue. Alla sua recente fatica, schermendosi con quella che Cesare Cavalieri ha definito “simpatica civetteria”, Corti affida una funzione di congedo: «È il libro conclusivo», commenta.
La sua storia racconta di un tempo dato con la misura larga e con rara intensità. Del resto lui, ventunenne sottotenente travolto dalla ritirata sul fronte russo, aveva promesso alla Madonna che, se lo avesse salvato, avrebbe speso la vita intera perché si compisse l’invocazione del Padre nostro: “Venga il tuo Regno”. Era il Natale 1942 e il giovane, immerso in una barbarie di proporzioni inaudite, si immaginava dedito alla carità. Lo attendeva una lunga opera di misericordia spirituale: cercare e indicare la verità nell’ambito della cultura.
Gli anni pacificati e operosi della piena maturità rivelano in lui una consapevolezza vocazionale consolidata nel tempo: «Fin dall’infanzia ho sentito di essere chiamato a scrivere. Per ricostruire in modo obiettivo la realtà — scrivere è questo — bisogna prima capire il mondo. Per questo fino a vent’anni non ho scritto niente: mi rendevo conto di essere impreparato». Nel suo lavoro ha indagato innanzitutto il senso delle vicende contemporanee: «Il problema principale che ho affrontato è la grande deviazione nel mondo della cultura occidentale. Dalla visione teocentrica medioevale si è passati a quella antropocentrica, che in principio faceva spazio anche a Dio, ma poi, attraverso l’Illuminismo e l’Idealismo, è giunta al proclama della morte di Dio di Nietszche e di Feuerbach: un identico proclama che comunismo e nazionalsocialismo hanno cercato di realizzare nella storia gli uni contro gli altri. Alla fine, caduti entrambi, la cultura è tornata dalla morte di Dio all’Illuminismo. Secondo la cultura dominante lo scrittore dovrebbe scrivere indipendentemente dalla presenza di Dio nella storia. Ma se Dio è entrato nella storia, ciò ha comportato nella storia stessa e nella vita degli uomini importanti conseguenze. Chi le escluda mentre ricompone la realtà nelle sue pagine si esclude per ciò stesso da una parte enorme della realtà.
Per un autore come me questo comporta l’emarginazione da parte di tutto il mondo laicista (prevalente nella cultura), ma anche da parte di tanti cristiani che con quel mondo vorrebbero tenersi in stretto contatto». Corti non si stanca di segnalare questo aspetto ai numerosissimi lettori che vanno a trovarlo per imparare dalla sua sapienza di vita Il rapporto con loro è dono confortante che sostiene la fatica di scrivere.
Che cosa ha ricevuto dalle persone incontrate attraverso i suoi libri? «La scoperta più straordinaria è vedere che ciascuno dà un apporto diverso: non c’è una lettera, un’intuizione che sia uguale a un’altra, perché ogni essere umano riflette Dio secondo la propria angolatura e questo rende la realtà armoniosa. Questo è un barlume del paradiso in cui speriamo di andare». Lo sguardo scivola sullo scaffale a sinistra della sua scrivania, alla fila di contenitori in cui migliaia di lettere testimoniano la gratitudine di chi è stato aiutato a credere e a vivere dai suoi libri.
Poi continua, quasi tra sé: «Ogni giorno nella mia preghiera agli angeli custodi chiedo all’angelo mio e a quello di mia moglie, col quale ho stabilito un consorzio, che questo consorzio si allarghi a comprendere coloro che compongono il mio mondo: i parenti, gli amici e tutti i lettori. Prego che, quando ognuno di noi arriverà alla fine, tutti i nostri angeli si diano da fare in una grande sinergia per aiutare ciascuno nel passaggio da questa vita a quella definitiva. Vorrei che in quel momento si formasse un coro di lode a Dio per la realtà attraverso cui ci ha fatto passare». Sta qui il fascino inesauribile degli scritti di Corti: il radicamento nel tempo con gli occhi fissi all’eterno. Accade anche nel volume appena pubblicato (il Medioevo e altri racconti, Edizioni Ares), che dedica un ampio racconto a una donna vissuta tra il XIV e il XV secolo. Spiega l’autore: «Desideravo scrivere un libro sul Medioevo, l’epoca che più amo. Però quando ho iniziato a trattarlo ho finito per scegliere come protagonista una lontana antenata di mia moglie, un personaggio dallo spirito moderno: la beata Angelina di Marsciano, che ha lottato tutta la vita perché le donne che si consacravano a Dio e costituivano un monastero potessero unire la vita attiva a quella contemplativa». Nel volume il racconto prende le mosse da una visita fatta con la moglie – allora fidanzata – alla chiesa di San Francesco a Foligno. Lì, oltre a scrutare con simpatica giovanile insensatezza i resti di Angelina per scorgervi i tratti del viso della propria ragazza, Corti prega la beata di proteggere la loro nascente famiglia.
Nella sua scrittura la storia terrena e il tempo senza fine sono sempre intrecciati. Ne è mirabile esempio un personaggio presente in quasi tutte le sue opere, a cui dedica ora un Rapporto: san Michele arcangelo. Da dove nasce questo interesse? «lo sono stato aiutato in modo soprannaturale in molti momenti della mia vita. In particolare al fronte russo, durante un attacco nella vallata di Arbusov, un colpo mi ha attraversato il passamontagna dietro il collo, ma non sono stato ferito. Ho capito sempre più chiaramente che mi ha aiutato la Madonna, perché in quel momento la invocavo. Come nell’attentato a Giovanni Paolo II, c’è stata una mano che ha deviato il colpo. Certo, è ben diverso salvare il Papa e salvare un sottotenente destinato a fare lo scrittore. Il merito del Papa era la sua devozione alla Madonna; io sono stato miracolato per la devozione di mia madre. In tanti episodi simili ho sentito l’aiuto del mio angelo; penso che, se gli angeli mi hanno aiutato, il loro capo, san Michele, doveva almeno essere d’accordo. Ne ho avuto conferma quando, dopo aver cercato invano di smettere di fumare, improvvisamente non ho più sentito il bisogno di fumare. Ho guardato il calendario: era il 29 settembre 1979, festa di san Michele. In quel periodo lavoravo al Cavallo rosso e il gran numero di sigarette mi provocava forme di nervoso tali da essere d’impiccio nel lavoro». San Michele, dunque, cooperava alla stesura del romanzo? La solida coscienza cristiana di Corti sa bene che l’intervento della grazia non sostituisce la libertà dell’uomo.
Così precisa: «San Michele ha combattuto a capo degli angeli fedeli contro gli angeli indemoniati. E’ la battaglia del bene contro il male: questo dovrebbe essere l’ideale dello scrittore. E’ questa, per quel poco che posso, la mia battaglia”.
DA NON PERDERE
Il Medioevo e altri racconti, l’ultima opera di Eugenio Corti, offre una preziosa opportunità al suo vasto e fedele pubblico. Con la consueta capacità evocativa, lo scrittore conduce il lettore direttamente nella propria casa, tra gli amici che si raccolgono ad ascoltarlo a Besana in Brianza, davanti al camino del salotto nelle sere d’inverno o, d’estate, tra gli alberi antichi del grande giardino.
In questo volume, che riunisce scritti narrativi e saggistici risalenti a momenti diversi della sua produzione, Corti esprime i tratti principali del proprio cammino artistico ed esistenziale. C’è l’esperienza della guerra, soprattutto di quella combattuta al fronte russo, che ha segnato in modo indelebile la sua vita. C’è l’intento instancabile di comprendere il nostro tempo. C’è la passione per il Medioevo nella storia di un’antichissima ava della moglie di Corti, la beata Angelina di Marsciano. C’è il fascino esercitato su di lui da san Michele arcangelo, dalla bellezza del creato e dalla presenza femminile. E, disseminato ovunque, il gustoso umorismo di chi narra le proprie vicende e quelle del mondo con verità e misericordia, leggendo ogni istante nella luce dell’eternità. E c’è, non ultimo, quel credere intatto e cristallino, rafforzato dall’esperienza dell’intera vita, che continua ad attirare intorno a Corti lettori di ogni età e provenienza, desiderosi di imparare da lui il segreto della vita cristiana: come combattere la buona battaglia e conservare la fede. (Eugenio Corti, Il Medioevo e altri racconti, Edizioni Ares, Milano 2008).
(Paola Scaglione, gennaio 2009, Il Timone)