«Vada alla malora la mia arte porca se non serve a farmi ammirare da te»

Voglio il tuo amoreQuattro anni di lettere d’amore tra Vanda Corti e il suo Eugenio, il grande autore del «Cavallo rosso». Il flirt d’altri tempi, i bisticci, le aspirazioni altissime, il processo al padre accusato di collaborazionismo.

Besana, 11 gennaio 1948
Carissima Vanda, ti scrivo in tutta fretta: fammi avere, con la maggior urgenza possibile, tutti i dati relativi a tuo padre. Forse riesco a trovare una buona strada.
Carissimamente, Eugenio

Milano, 12 gennaio 1948
Caro Eugenio, ti ringrazio del tuo interessamento […]. Mio padre Ermanno di Marsciano è stato prefetto a Rieti nel ’43/’44, durante l’occupazione tedesca. Si verificarono, in quei pochi mesi, episodi tragici e dolorosi: azioni partigiane e di seguito rappresaglie tedesche. Una fu terribile a Poggio Bustone; è di questa che ora vogliono accusare mio padre, che invece aveva cercato di evitare, trattando per giorni, inutilmente purtroppo, con il Comando Tedesco, che avrebbe ceduto, forse, se si fossero presentati gli autori dell’attentato, in cui molti soldati tedeschi erano morti. Nel febbraio del ’47 è stato catturato con l’accusa generica di Collaborazionismo militare e condotto nel carcere giudiziario di Rieti, dove ancora si trova in attesa di processo[…]. Grazie ancora. Ti saluto caramente.
Vanda

Milano, 21 gennaio 1948
Carissimo Eugenio, da molto temevo che accadesse quello che è successo ieri sera; sapevo che parlare voleva dire non vedersi più. […] Dio ci ha fatto incontrare e ci ha fatto rivedere in giorni per me così tristi, così tristi che ho benedetto il Cielo di avermi mandato qualcuno a cui potermi appoggiare. Avevo accolto con gioia la proposta di vederci qualche volta per conoscerci e fare amicizia, ma avevo ben capito che la tua non era soltanto amicizia. L’ho capito, ma preferivo non pensarci. Così è finita, quella che io speravo fosse amicizia, come inevitabilmente doveva finire. […]
Vanda

Besana, 25 gennaio 1948
Bambina cara,[…] Io non dimentico, e cercherò di non dimenticarlo mai, che a voler la nostra amicizia (o chiamala come altro vuoi) sono stato io malgrado la tua riluttante volontà. […] Io sentivo che il tuo spirito, così come è in questi giorni, non è all’altezza del mio; sentivo che in molte cose tu non puoi comprendermi. Io però non arrivavo a pensare che, per quanto tormentata da condizioni di vita difficili, che fanno violenza alla tua persona, tu coltivassi la corte che io ti facevo insieme al pensiero di un altro […].

Sento però che il mio atteggiamento nei tuoi riguardinon cambia: il non vedere, mai più, la tua figurina armoniosa e dolcissima, che mi viene incontro sotto le pesanti colonne della Scala, mi sembra cosa insopportabile. […]
Tuo Eugenio

Bormio, 10 settembre 1948
Vanda mia cara, […] io noto in te una freddezza disarmante, che non so spiegarmi. Non c’è stato un segno d’affetto che sia partito da te. Accettavi le mie parole con una sorta di rassegnazione. Si direbbe che tu consideri il matrimonio in generale, o forse il matrimonio con me, un male necessario.

[…] Io non vorrei che fra noi si fosse creata, sia pure in maniera diversa, la falsa posizione che s’era creata fra te e quel tale che ti faceva la corte e che, al principio delle disgrazie di tuo padre, lo aveva sottratto alla furia di quel 25 aprile e tenuto nascosto nella casa dove i suoi erano sfollati, per cui tu eri arrivata a pensare: «Ormai lo devo sposare!». […] Ma io non voglio giungere a te per la triste via della rassegnazione. Io voglio il tuo amore: pieno, incondizionato, in tutta la sua possibile forza.

[…] Scrivimi Vanda, in qualsiasi maniera, anche la più bizzarra e strana, aprimi la tua anima, fammi pensare i tuoi pensieri, soffrire le tue sofferenze, gioire le tue gioie. […]
Eugenio

Milano, 14 settembre 1948
Eugenio mio caro, […] il giorno dopo, come avevamo programmato, al mattino l’ho incontrato. […] Ci siamo seduti su una panchina dei giardini della Prefettura. Gli ho parlato a lungo, anche di te gli ho parlato. Mi ascoltava in silenzio. Non c’è stato da parte sua un solo gesto, né una parola per trattenermi. […] Era l’estate del ’43 quando ci eravamo incontrati. Gli sconvolgimenti della politica e i disastri della guerra mi sfioravano appena: avevo sedici anni e scoprivo l’amore. Perché non ho incontrato te allora? Ti avrei amato e sarebbestato per sempre. […] Sono entrata in chiesa e, inginocchiata davanti all’immagine del Sacro Cuore, dove sempre si fermava mia madre, ho pregato a lungo, con forza, per lui, per mio padre, per te, per me, per noi due insieme, se nel futuro ci fossimo incontrati di nuovo, perché io, dopo tanto tuo silenzio, non avrei mai osato cercarti. Ho detto al Signore «pensaci Tu».

Proprio così avevo detto. Sono uscita ho fatto un giro per il corso […]. Camminavo lentamente, guardandomi intorno e molto assorta nei miei pensieri quando, improvvisamente… c’eri tu, eri tu davanti a me, a Perugia, a quell’ora, in quel giorno, in quello stesso lato di strada! […] Sento che la mia vita cambierà, è cambiata: ci sei tu con me con il tuo amore così forte e tenace. Ho bisogno di te, vorrei averti vicino sempre.
Tua Vanda

Besana, 14 ottobre 1948
Cara Vanda, l’ultima volta in cui ci siamo visti e salutati con quel «ti lascio, buon lavoro» finale, per quanto fosse un po’ in contrasto con quanto c’eravamo detti prima, non può significare che questo: «Ti pianto: andiamo ciascuno per la propria strada». Ora, tieni ben presente che io non mi considero affatto «lasciato». Io ti considero sempre la mia ragazza, quella che si è promessa a me.

[…] Non hai ancora sentito il bisogno di mandarmi un po’ di lettere sul mio libro, di cercarmi, di scoprirmi in quelle pagine, di comunicarmi le tue scoperte, felice o addolorata. Non hai ancora sentito il bisogno di seguire i miei consigli circa il ritrovamento di te stessa, la formazione della tua personalità, leggendo, tanto per cominciare, le lettere che t’ho consigliato di S. Caterina.

Altre ragazze mi chiedono consigli e si guardano bene dal venirmi a dire, come hai fatto tu: «Non l’ho letto tutto, quel tale libro». […] Cosa vuoi, che nel futuro, quando saremo moglie e marito, io debba, di fronte a donne di valore, stabilire confronti sfavorevoli con te? No, mia cara, tu dovrai essere per me tutta la Donna, tutta la Femminilità, e io non dovrò cercare niente che sia di donna al di fuori di te.

Io ammetto bene di non essere, anch’io come te, secondo un mondo normale, di risentire grandemente, nel carattere, dei flagelli per cui sono passato; purtroppo, dovrai sopportare i miei squilibri: entusiasmi e scoramenti profondi. Ricordati questo, e sia fondamentale nelle nostre relazioni: che io devo molto dare all’umanità, e che grandemente conterà, a questo fine, ciò che tu sarai per me. […] Io non tollererò in te niente che non sia completo. […]
Eugenio

Milano, 16 ottobre 1948
Caro Eugenio, ancora una volta non ci siamo capiti. Forse, tu del nord e io dell’Italia centrale, parliamo un linguaggio famigliare, in certe sfumature, diverso. Mi è già capitato con altre persone. […] «Ti lascio» voleva dire semplicemente «ti saluto, vado a casa».

Penso con tristezza a quanto poco è durato il tuo entusiasmo: lo spazio di due o forse tre lettere, da Bormio. Tu non riesci a staccarti dal sogno, coltivato per anni, della tua donna ideale; io non riesco a riemergere dalla mia povera e faticosa concretezza. Questa è ora purtroppo la nostra verità.

[…] Ti chiedo scusa se non sono riuscita a leggere il tuo libro: io ti voglio bene, mi sento parte di te, non dormivo più la notte con l’angoscia che mi restava dentro al pensiero di quanto tu avevi sofferto. Ho dovuto interrompere la lettura. In quanto alle lettere di Santa Caterina […], non mi ritrovo in esse. Io appartengo alla spiritualità francescana umile e nascosta, non ho la forza di imporre il mio pensiero ad altri: spero che tu non mi faccia una colpa anche di questo. […]
Vanda

Besana, 28 gennaio 1950
Cara Vanda, […] Preferisco la mia arte a te? Ma vada alla malora la mia arte porca, che non m’è neanche servita ad avere da te l’ammirazione che un qualsiasi campione di sport ha dalla sua donna. Come potrebbe servirmi quest’arte schifosa ad attrarre gli uomini sulla giusta strada, come era mio fine? […] Che artista sono, che non convince nemmeno la sua donna? […]
Eugenio

Roma, 21 giugno 1950
Caro Eugenio, sono a Roma. Oggi hanno emesso la sentenza: papà è stato condannato all’ergastolo che, con i vari condoni, si ridurrà a 19 anni. È rimasta come sentenza la richiesta del pm*. Il bravissimo (!) avvocato

Ungaro, il più famoso di Roma, non ha portato argomenti a difesa, ha solo, con paroloni e toni da teatro, chiesto clemenza.
Vanda

*A Eugenio non avevo raccontato come erano andate realmente le cose. La requisitoria del pm era stata feroce e si era conclusa con la richiesta di condanna a morte (era un tribunale militare). […] Uscii disperata e mi rifugiai in una Chiesa. Feci anche un voto per la salvezza di mio padre. Quando due giorni dopo fu emessa la sentenza dell’ergastolo con i vari sconti di pena, io fui quasi felice: mio padre aveva salva la vita! Uscì dal carcere tre anni dopo.

Besana, 12 luglio 1950
[…] Ti amo Vanda dolcissima. Ho cominciato a fare la Comunione con frequenza perché la forza della carne non mi travolga e io ti sia fedele in tutto. Ciò è d’importanza fondamentale anche per il mio libro, nel senso che esso vuole essere portatore di Cristo e uno non può portare ciò che non ha. Ecco che tu e il mio libro diventate una cosa sola, e ciò che vi sarà di nobile e di alto nel mio libro verrà da te: già viene da te: da che ti amo io lo sto rifacendo questo libro. […]
Eugenio

Poggio di Narni, 15 luglio 1950
Mio Eugenio, […] anch’io amo tutto di te e ti desidero intensamente; so che presto ci sposeremo, ma non voglio anticipare i tempi della nostra unione. Ci toglierebbe la gioia e la serenità dell’attesa.

Penso che la donna nella famiglia sia soprattutto bontà e amore, e io questo sarò per te, in modo completo, sarò la tua compagna, finché mi sarà possibile, e ti seguirò in tutto il tuo lavoro e le tue iniziative. Questo ti prometto. Sarà molto bella così la nostra vita. […]
Vanda

(02/07/19, La Verità)