Scritti di Eugenio Corti – Morte del capitano Grandi

Il cavallo rossoBrano tratto da Il cavallo rosso – selezionato nel 2008 da Eugenio Corti per i lettori di questo sito.

Col trascorrere del tempo l’ambiente tornò a farsi a grandi linee: per quanto si marciasse di buon passo, sembrava a momenti d’essere fermi nell’immensità.

A un sobbalzo improvviso della slitta il capitano dal ventre squarciato aprì gli occhi. Prese lentamente coscienza della propria situazione e si guardò intorno: incontrò lo sguardo di un alpino che gli camminava a lato: <<La battaglia è finita?>> chiese.

<< Si,  è finita. >>
<< Ce l’abbiamo fatta, eh? >>
<< Sì, abbiamo aperta la strada. >>

Accorse l’unico ufficiale rimasto alla compagnia, si chinò sul ferito: <<Ce l’abbiamo fatta signor capitano. Abbiamo riaperta la strada.>>

<< Mm. Meno male. >>
<< Come vi sentite signor capitano? >>
<< Io? Ne ho per poco. >>

L’ufficiale non ribatté. <<Loro erano tre battaglioni>> disse invece: <<Adesso lo sappiamo con certezza. Il Tirano è ridotto alla metà, però>> ripeté <<ha aperta la strada alla colonna.>>

<< Se arrivi fuori, dillo a mia madre.>>
<< Signorsì, m’impegno a dirglielo. >>
<< Dille che ho fatto il mio dovere, e perciò muoio in pace con gli uomini e con Dio. >>

Dall’una e dall’altra parte della slitta i suoi alpini, fattisi avanti, guardavano con facce angustiate il capitano; anche il conducente che camminava con le redini dei due muli girate intorno alle spalle alla brava, si voltava ogni poco a guardarlo, aveva le lacrime agli occhi.

<<Cosa sono quei musi lunghi?>> esclamò a un tratto il capitano Grandi: <<Sotto piuttosto, cantate con me.>> E con la voce che si ritrovava, che sarebbe stata ridicola in un momento meno tragico, attaccò la tremenda canzone alpina del capitano che sta per morire e fa testamento:

‘Il capitano l’è ferito
l’è ferito e sta per morir’ 

Subito i circostanti gli si unirono nel canto, più d’uno fece segno a quelli che seguivano, corse la voce, tutta la compagnia serrò sotto e si mise con grandissimo dolore a cantare. Nella canzone il morente prescrive che il suo corpo sia tagliato in cinque pezzi:

‘Il primo pezzo alla montagna
che lo ricopra di rose e fior ‘

Che struggimento, che pena il ricordo delle native montagne in quell’enorme pianura senza confini…

‘secondo pezzo al re d’Italia 
che si ricordi del suo soldà’

Il terzo pezzo al reggimento.
Nella sterminata colonna di formiche che procedevano frenetiche, eppure parevano ferme nella gelida immensità, c’era quel breve tratto che cantava.
E la madre compariva nel canto, e la donna amata:

‘il quarto pezzo alla mia mamma 
che si ricordi del suo figliol,
il quinto pezzo alla mia bella
che si ricordi del suo primo amor’

Addio dunque anche a te primo amore, addio per sempre, ciò che abbiamo sognato non sarà mai… Addio montagne, patria, reggimento, addio mamma e primo amore, cantavano gli alpini. Cantavano e piangevano gli alpini valorosi, e c’era nel loro canto paziente tutto lo struggimento della nostra umana impotenza; cantarono anche quando il capitano ormai non cantava più e li accompagnava solo con gli occhi; cessarono di cantare solo quando si resero conto che il capitano Grandi era morto.