La morte di Vanda, sposa e ispiratrice di Eugenio Corti

Vanda dei Conti di MarscianoNella notte tra l’1 e il 2 febbraio è morta Vanda di Marsciano, moglie dell’autore de Il cavallo rosso. Una presenza gentile e discreta, che si completava con il marito e ne ha ispirato la scrittura. Il ricordo di chi ha conosciuto entrambi.

«Vanda è di antica famiglia: come lei erano le donne al tempo della nostra grande arte medievale». Lei è Vanda di Marsciano (1927-2024), moglie di Eugenio Corti (1921-2014), scomparsa la notte tra l’1 e il 2 febbraio, quasi dieci anni dopo il marito.

L’attrattiva della donna con cui ha diviso la vita vibrava nelle parole dello scrittore: «Mia moglie è di classica compostezza; lo è senza volerlo, naturalmente». Quando ricordava il primo incontro con lei, gli occhi azzurri si illuminavano di giovanile entusiasmo: «E’ stato all’Università Cattolica di Milano, il giorno del mio ultimo esame, nell’estate del 1947. Dopo l’esame, passeggiavo nel corridoio del primo piano, dove si trova la cappella di San Francesco. A quel tempo c’erano tre gradini di marmo, che portavano dal corridoio alla cappella; di lì a qualche anno i tre gradini sono stati levati perché avevano ormai adempiuto alla loro funzione, che era di farci incontrare. Seduta su uno di quei gradini c’era infatti una ragazza con le trecce, che parlamentava con un’altra; quella con le trecce era Vanda, la quale stava contrattando la vendita di un libro utilizzato per l’esame che attendeva di sostenere. Subito ho sentito scattare qualcosa dentro: “Questa la devo assolutamente conoscere!”, mi sono detto».

Eugenio, scampato alla tremenda ritirata delle nostre truppe sul fronte russo, ha sulle spalle quasi cinque anni di guerra. Ma è comunque un ragazzo, attratto dalle ragioni della vita e dalla bellezza femminile. Così interviene nella trattativa. Vanda, dal canto suo, sebbene affascinata dal bel giovane che la corteggia, pensa all’esame che la attende e cerca di scaricarlo. Ricordava Corti: «Lei, che è sempre stata un tipo spiccio, ribatteva: “Basta! Già sei intervenuto in qualcosa che non ti riguarda: che altre sciocchezze vuoi dire?”».

Corti, deciso a rispondere alla propria vocazione di scrittore, avverte come vitale la contemplazione di quella bellezza: non abbandona l’assedio alla bella fanciulla fino a quando, il 23 maggio 1951, Vanda diventa sua moglie. E forse non sarebbe bastato nulla di meno del piglio deciso di questa donna indipendente e autonoma ad accompagnare l’autore del Cavallo rosso. Confidava Vanda: «Quella dello scrittore è una vita di studio, una vita pesante. E’ una vita di solitudine: occorre saperla accettare, perché richiede silenzio, concentrazione, rispetto». Questo rispetto, insieme al costante supporto pratico nella gestione della quotidianità, é stato il suo grande contributo al lavoro del marito. Una volta le avevo chiesto se avesse in qualche modo collaborato alla stesura dei suoi libri. Aveva risposto decisa: «Eugenio è gelosissimo del proprio lavoro: nella sua opera di scrittore nessuno potrebbe incidere in nulla. Per questo non mi sognerei neanche di intervenire». Corti confermava, ma la sua campana suonava una nota diversa: «Farei leggere volentieri a mia moglie, ma vedo che lei non gradisce molto. Vanda non è portata a esternare quello che ha dentro: bisogna indovinarlo. E’ di struttura classica; presuppone che dovunque ogni cosa debba essere in armonia col resto».

Vanda è stata una presenza gentile ed elegante accanto allo scrittore, capace di far sentire a proprio agio nel salotto di casa i lettori di ogni età che andavano in visita alla vecchia casa di Besana. Accoglieva i visitatori con il garbo della perfetta padrona di casa e gioiva silenziosa della stima per il marito.

Chi scrive ha frequentato per decenni casa Corti e custodisce il ricordo commosso di quella prima intervista in cui Vanda aveva accettato di raccontare di sé e di Eugenio, la gratitudine per le giornate trascorse a studiare le migliaia di carte dell’archivio di Corti, in un lavoro iniziato sotto la guida dello scrittore nel 1994 e continuato anche dopo la sua scomparsa grazie alla disponibilità della moglie. Lei faceva capolino nello studio per la pausa del tè, che si concludeva immancabilmente con un invito a pranzo in cui continuare le nostre chiacchierate. Nella confidenza la riservata Vanda si animava, facendo emergere i tratti che completavano la struttura umana del marito.

Una sera Eugenio raccontava l’incontro di poche ore prima con un importante editore, che avrebbe pubblicato un suo lavoro purché togliesse la dedica alla Madonna, per non scontentare i lettori non credenti. Lui non aveva esitato a rifiutare, ma Vanda era perplessa: «Forse da quell’opera, anche se monca, tante persone avrebbero potuto ricavare del bene…». La discussione era stata vivace, ma non aveva smosso lo scrittore: «Io non posso far torto a mia Madre, neanche per dare testimonianza».

La relazione tra due persone tanto diverse mi incuriosiva e, complice l’intensa familiarità, ne avevo riparlato con Corti. Aveva risposto paziente: «L’importante è essere d’accordo sull’essenziale… e poi nell’altro non devi necessariamente cercare te stesso». In Vanda aveva trovato l’ispiratrice composta dell’equilibrio nella scrittura: «Con lei è entrata nella mia vita, nella mia casa, nell’aria che respiro, questa presenza per me importantissima anche nell’ordine dell’estetica.

La mia impressione è di avere sempre davanti un modello» (a destra in alto, una foto di Vanda che il marito aveva appeso accanto alla scrivania, guardandola durante il lavoro per trarre ispirazione dalla sua bellezza).

L’attrattiva della femminilità ha avuto un ruolo decisivo nella vita e nell’arte di Corti, in un singolare mix di idealità e concretezza. Alle donne guardava con gli occhi del poeta: «Al livello più alto mi incanta la loro capacità, direi istituzionale, di fare da ponte tra noi e la trascendenza. La loro proprietà più specifica rimane comunque di essere sorgenti di vita fisica, spirituale, poetica e d’ogni altro genere. Ancora: poiché sono creature terrene, mi affascina molto, probabilmente troppo, la loro bellezza appunto terrena. Amo anche la serenità che le donne hanno il dono di diffondere e – separato dal resto, si direbbe inatteso – il loro spirito pratico, realista: sono tutti completamenti per noi, in ogni caso lo sono per me».

Nella tensione all’assoluto di Corti, la figura di Vanda ha avuto i tratti di questo completamento.

(Paola Scaglione, 03/02/24, La Nuova Bussola Quotidiana)