Eugenio Corti: il cavallo rosso non ha più ostacoli

Il cavallo rossoA dieci anni dalla morte dell’autore brianzolo si assiste a una progressiva crescita dell’interesse per la sua opera, non soltanto di lettori ma anche della critica

Il 4 febbraio 2014 moriva Eugenio Corti a Besana in Brianza nella casa che lo aveva visto nascere, il 21 gennaio 1921, crescere, con la sua numerosa famiglia d’origine e vivere con la sua amata moglie Vanda di Marsciano, la donna che fino al suo ultimo respiro gli è stata accanto con delicatezza e intelligenza.

E’ fra quelle mura, nel suo studio, che ha dato veramente forma alla vocazione alla quale si era sentito chiamare in una situazione alquanto drammatica. Infatti nella notte di Natale del 1942, Eugenio, a soli 22 anni, sottotenente d’artiglieria del Trentacinquesimo corpo d’armata dell’Armir, ad Arbusov sul fronte russo, a quarantasette gradi sotto zero, quando la morte sembrava quasi certa, promette alla Madonna che, se si fosse salvato, avrebbe speso tutta la sua vita seguendo il secondo versetto del Pater noster. Da quell’istante si consacra con dedizione e impegno al compito di scrittore.

A pochi giorni dalla sua salita al cielo, sul quotidiano parigino “Le Figaro”, il critico letterario Sébastien Lapaque così scrive di lui: «E’ uno dei sommi scrittori d’oggi, uno dei più grandi, forse il più grande». Tale giudizio trova certamente conferma nei numerosissimi lettori che Corti ha conquistato di anno in anno, soprattutto, con il suo longseller, Il cavallo rosso (1983), arrivato, oggi, alla trentaseiesima edizione e tradotto in più di otto lingue.

Molto lungimirante è stato Cesare Cavalleri, direttore della casa editrice Ares, che, lette le 1280 pagine del romanzo storico, si era subito reso conto di essere di fronte a un’opera che avrebbe avuto un impatto significativo nella letteratura italiana del Novecento. Corti aveva bussato alla sua porta, dopo aver cercato invano altri editori, ma solo Cavalleri ha avuto l’acume di aprirgliela diventando, poi, l’editore di tutti i suoi libri – ancora oggi con la nuova direzione della Ares (dal 2023 è subentrato Alessandro Rivali) essa continua a stampare le sue opere.

Corti ha conquistato folle di lettori, ma se, nei suoi 93 anni, la critica letteraria non gli ha dato il posto che meritava, in questi dieci anni si è assistito a una sua ascesi. Nel 2016 il Centro di ricerca “Letteratura e cultura dell’Italia unita – Francesco Mattesini” dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ha inaugurato il “Cantiere Eugenio Corti” che negli anni ha realizzato numerosi eventi e convegni, ai quali hanno partecipato personalità di rilievo in ambito accademico, sociale, politico, ecclesiale. Tra le attività di punta del Cantiere, c’è il Premio Internazionale Eugenio Corti, giunto alla sesta edizione, rivolto a tutti gli studiosi, ma in particolare ai giovani studenti universitari verso i quali lo scrittore di Besana ha sempre avuto un’attenzione particolare.

La crescita di tutti questi eventi cortiani dal sapore multidisciplinare e internazionale nasce tra quei chiostri del Bramante dove, da giovane, Eugenio, prima e dopo la guerra, ha frequentato la facoltà di Giurisprudenza. L’ateneo fondato da Padre Agostino Gemelli, per il quale Corti nutriva una profonda stima, è stato «un’alma mater, una madre generatrice».

Così esprimeva il debito nei confronti dell’università milanese: «Al di là di tutte le battaglie e traversie che ci sono state, la Cattolica mi ha messo a disposizione […] tre risorse incomparabili: senza le quali il mio lavoro di scrittore sarebbe stato non solo del tutto diverso, ma abissalmente più misero, e sto per dire impossibile». Egli sintetizza questi tre doni, vale a dire gli incontri con Mario Apollonio, monsignor Francesco Olgiati e la sua futura moglie Vanda di Marsciano, con tre parole: la letteratura, la filosofia, la vita.

Innamorato della bellezza del Creato, animato dalla passione per la verità della storia, spinto dalla curiositas di conoscere l’uomo e il suo destino, fermamente cattolico, ogni pagina è il frutto di un lungo labor limae per non cedere mai a svolazzi letterari o a un’evasione fine a sé stessa. Corti era consapevole di aver ricevuto il talento della scrittura, pertanto si è assunto il ruolo di profeta, maestro ed educatore del suo tempo, ha provato a leggerne i segni, anche tragici, le insidie e le minacce spaventose, non è mai sceso a compromessi, ha denunciato il male fino a coglierne le dimensioni più profonde.

Non vuole convincere nessuno del suo credo e della sua visione, ma ci accompagna per mano come fa Virgilio con Dante attraverso un itinerario esistenziale, proponendoci quel “lievito” che permette alla vita di crescere secondo le nostre esigenze e i nostri desideri più intimi, proprio come recita il titolo di una recente mostra allestita per i quarant’anni di pubblicazione del suo romanzo storico: Il cavallo rosso di Eugenio Corti: le prove della storia, il lievito della vita, diventata ora itinerante (Meeting di Rimini per l’amicizia fra i popoli 2023).

Lo scorso 2 febbraio è morta la vedova Corti che, in questi dieci anni, con passione, dedizione e tenacia, è stata la prima custode della memoria del marito, favorendo, sostenendo e sponsorizzando ogni iniziativa a lui dedicata. Me li immagino ricongiunti insieme desiderosi che quest’eredità preziosa continui a generare frutti.

(Elena Rondena, 04/02/24, Avvenire)